Arriviamo in Australia gasati dalla vittoria in Giappone. I giorni che precedono la gara passano veloci, e abbiamo anche una bella occasione per conoscere qualche posto particolare, come una fattoria dove viviamo l’esperienza da contadini. Devo dire che tra gli animali mi sento a mio agio, e di sicuro riesco a distrarmi un po’ e non pensare alla gara.
Le libere si avvicinano, fa un bel freddo. Iniziamo a girare. Faccio un po’ fatica a trovare il ritmo e cado spesso. Nelle FP2 centro pure un gabbiano, come successo a Iannone nel 2015. Può capitare quando si corre così vicino al mare.
Phillip Island è la pista più bella del mondiale, la mia preferita. E’ incredibile la sensazione che si prova quando si scollina e si vede il mare. Nonostante le cadute sono carico per le qualifiche, ma questa volta la strategia non è la migliore. Ho solo un giro per il time attack finale. Trovo un po’ di traffico che mi rallenta e mi costringe a partire dietro. P15, potevo fare meglio ma in una pista così tutto può succedere, so che posso recuperare. Resto concentrato e nel warm up confermo di avere un buon passo.
Si parte. Indovino una buona partenza, resto subito agganciato con il gruppo di testa, ancora un gruppone unico di 20 piloti. Occorre fare attenzione, siamo solo ai primi giri e già la bagarre è forsennata, forse anche troppo.
Riesco a rimontare e già al quinto giro vedo Martin davanti a me. Poche curve e lo affianco. Lo supero. Inizia il testa a testa che non solo vale la gara, vale per il mondiale. Pochi giri e passo in testa, provo ad allungare ma è impossibile restiamo incollati.
Cerco allora di restare nelle prime quattro posizioni, per poter arrivare agli ultimi giri e giocarmi il tutto per tutto. Faccio attenzione ai contatti, cerco di restare lontano dalla bagarre troppo accesa per non prendere rischi inutili, ma è impossibile.
Infatti all’undicesimo giro Rodrigo si infila tra me e un altro pilota e mi stende. Provo a tener la moto, ma sull’erba è impossibile. Mi trovo a terra e non mi tengo dal nervoso. Non ha senso uscire in questo modo. Le sportellate si danno e si prendono ma una entrata di quel tipo è assolutamente gratuita a metà gara.
Arrivo ai box, vedo il mio capo meccanico, non riesco a trattenermi. Mi abbassa la visiera, non vuole che le telecamere riprendano la mia incazzatura. Che è davvero tanta. Così come adesso, a mente fredda, è tanta la voglia di rifarmi.
E in Malesia di sicuro penserò solo ad una cosa. A tornare a giocarmi il Mondiale!
2 commenti su “Phillip Island, una caduta dura da digerire”
IO CI CREDO 🌶️🌹 NON SI MOLLA!
I believe that there is justice, that we will get to know the fight in the last lap and the champion we know in Valencia !!! fingers crossed!!!
GAAAASSSSS!